La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3080/2013, ha affermato che l’Ordine dei Farmacisti non può sanzionare un professionista che ha scelto di tenere aperta la sua farmacia oltre il turno stabilito sulla base di intese siglate con i colleghi. E, per conseguenza, ha cancellato la sanzione disciplinare (una sospensione dalla professione di 30 giorni) disposta dall’Ordine dei Farmacisti contro un’iscritta “colpevole” di non avere rispettato, violandolo, il regime di orari oggetto di un’intesa liberamente sottoscritta con i colleghi e recepita in un formale atto amministrativo.
Secondo la Suprema Corte, infatti, l’interesse dei cittadini a trovare aperte le farmacie prevale sulla convenienza corporativa a limitare gli orari. Per questo l’Ordine non può sospendere per concorrenza sleale la farmacista che, non rispettando l’accordo sottoscritto con i colleghi, mantiene l’esercizio aperto anche nei turni e negli orari non previsti.
La notizia, che certamente farà molto discutere all’interno della professione, riapre la questione aperta dalla liberalizzazione degli orari e dei turni delle farmacie sancita all’inizio dello scorso anno dal decreto “Cresci Italia”, poi convertito nella legge 27/12, provvedimento intervenuto come uno tsunami nella disciplina di una materia fino a ieri appannaggio della potestà legislativa regionale, con conseguenze non tutte e non ancora prevedibili sia sull’organizzazione del servizio farmaceutico, sia sul fronte del conflitto delle attribuzioni tra Stato e Regioni.
Nella sua pronuncia, la Cassazione ha ritenuto che l’intesa siglata da una professionista con i suoi colleghi e concernente il rispetto di un certo regime di orari, recepita in un atto formale e poi violata dalla professionista stessa, si configuri come un contratto atipico che persegue solamente una finalità di regolamentazione dei flussi di clientela a beneficio esclusivo dei partecipanti all’accordo. Al contrario, invece, una maggiore flessibilità degli orari di apertura delle farmacie “rende il servizio più congeniale alle esigenze dei consumatori e al tempo stesso evita che il flusso di utenza presso ciascuna farmacia vada a determinarsi in maniera artificiosa.”
Sulla decisione dei giudici non ha influito in alcun modo la tesi secondo cui accordi di questo tipo sono necessari soprattutto al fine della sopravvivenza degli esercizi minori, ai quali va garantito un flusso di utenza tale da consentire loro di rimanere in vita e di non soccombere di fronte alla maggiore capacità di concorrenza di altri esercizi. Per la Suprema Corte si tratta infatti del normale sviluppo del mercato che premia le imprese più efficienti dal punto di vista della capacità di risposta alle esigenze dei consumatori.
La sentenza ha quindi stabilito che il comportamento posto in essere dalla farmacista (e sanzionato dall’Ordine) non è configurabile come concorrenza sleale ma piuttosto come un comportamento che tutela l’interesse superiore del cittadino.
Né l’Ordine professionale, nel caso di specie, può affermare che la farmacista aveva “ingannato” i colleghi, venendo meno all’impegno preso, perché “da un’intesa giuridicamente inefficace non può nascere alcuna aspettativa tutelabile.” Del tutto legittimo, quindi, che la farmacista decidesse di osservare orari differenti, dandone pubblicità agli utenti.
Via IlMattinale
e ora aspettiamo la sentenza sulla fascia c …. a piccoli passi ci stiamo avvicinando al traguardo ….. buon lavoro
Gia’….il traguardo della rovina….povera povera Italia…
Ma ndo vai,se i soldi per gli avvocati non c è li hai..