L’Unione Europea prepara una direttiva per imporre regole a un mercato che è proliferato senza controlli. I modelli con più di due milligrammi di nicotina (il 90% del mercato) saranno commercializzati solo nelle farmacie. E mentre mancano dati certi sugli effetti sulla salute, preoccupa la variabilità dei dosaggi nei dispositivi in vendita.
UN COWBOY, raffigurato oggi, in bocca avrebbe una sigaretta elettronica. Non solo perché questo apparecchio rappresenta la moda del momento. Ma anche perché regole e cautele sulla nicotina sotto forma di vapore sono pressoché inesistenti. E il settore può a ragione essere definito un far west.
La stagione delle “regole zero” potrebbe in realtà chiudersi presto. La Commissione Europea ha appena varato una direttiva per trasformare la quasi totalità delle sigarette elettroniche in prodotti medicinali. Il testo di Bruxelles ha ancora un iter lungo mesi davanti a sé: deve essere approvato da Parlamento e Consiglio. Ma quando diventerà effettivo, nel 2014, porterà tutti i vaporizzatori di nicotina con capacità superiore a due milligrammi (il 90% del mercato) in farmacia, e saranno sottoposti alla stessa regolamentazione dei prodotti medicinali.
L’intero business dei 1.500 negozi specializzati spuntati in Italia come i funghi, soprattutto negli ultimi tre anni, rischia dunque di chiudere i battenti. E dire che il settore delle sigarette elettroniche ha fatto ultimamente un gran lavoro in ogni paese del mondo, grazie anche a trovate di marketing ingegnose come la sigaretta alle vitamine, quella che inizia a vibrare e si illumina di blu se nel giro di 50 metri altri fumatori stanno “svaporando” lo stesso modello, il sigaro o la pipa elettronici.
Nel vuoto di norme e di dati scientifici sui danni alla salute e sull’efficacia per smettere di fumare, il ministero della Salute si è limitato a vietarne l’uso nel 2011 ai minori di 16 anni. “Ma non era possibile andare avanti così, senza regole. La Commissione Europea ha sentito il bisogno di dare una normativa a questo mercato letteralmente in esplosione”, spiega Paola Testori Coggi, che a Bruxelles dirige il Dipartimento salute e consumatori. “Le sigarette con capacita superiore ai due milligrammi saranno considerate prodotti medicinali. Quindi devono avere una specifica autorizzazione ed essere venduti in farmacia”.
Le regole sulle sigarette elettroniche, anche se scarse, vengono violate con regolarità. I Carabinieri Nas negli ultimi tre anni (da quando gli acquisti sono esplosi in Italia) hanno sequestrato 442.000 flaconi di nicotina per un valore di 2,7 milioni di euro e 7.000 sigarette per un valore di 380.000 euro, con un’impennata negli ultimi sei mesi.
“La nicotina che è nei flaconi – spiega il maggiore Michele Tamponi, comandante dei Nas in quella Torino che, con 130 negozi specializzati, si è affermata come la capitale del commercio di sigarette elettroniche in Italia – è un prodotto tossico. Se finisce sulla pelle può ustionarla”.
Dieci milligrammi sono letali se ingeriti da un bambino. Fra 30 e 60 milligrammi è la dose letale per un adulto. “L’etichettatura deve seguire regole precise. I pittogrammi con il teschio o la croce di sant’Andrea devono rispettare le dimensioni di un centimetro per un centimetro. Vanno indicati il telefono del produttore o dell’importatore perché in caso di avvelenamento il medico deve poter risalire agli ingredienti esatti. Molte irregolarità riguardano poi la mancanza del marchio Ce. L’etichetta a volte è in lingua straniera o è addirittura assente”.
Se all’esterno le sigarette al vapore sono sotto lo stretto controllo dei Nas, nessuno si occupa di vedere cosa c’è all’interno dei flaconi con le ricariche di nicotina. Per usare le sigarette elettroniche allo scopo di sganciarsi dal vizio, è essenziale poter dosare con precisione il “principio attivo” che tiene all’amo i fumatori. La concentrazione di nicotina nei flaconi venduti in Italia varia dai 4 ai 36 milligrammi al litro (ma online si trovano anche dosi più alte, fino a 48 milligrammi: l’equivalente di due pacchetti di Marlboro Red) e dovrebbe essere indicata con precisione nell’etichetta. Ma in mancanza di controlli, non resta che fidarsi di quanto indicato nell’etichetta.
“Gli studi sul contenuto di nicotina dei flaconi di ricarica – scrive la Commissione Europea nel rapporto allegato alla nuova direttiva su tabacco e sigarette elettroniche – ha mostrato significative differenze fra i livelli veri di nicotina e quelli riportati nelle etichette”.
Per Carlo Cipolla, direttore della cardiologia dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, la variabilità del livello di nicotina erogata dalle sigarette elettroniche è un ostacolo insormontabile al loro uso per smettere di fumare. “La concentrazione di nicotina e la velocità di combustione del tabacco hanno limiti ben precisi. Le sigarette elettroniche invece consentono di assimilare quantità molto più alte di nicotina in tempi rapidi. Per questo nei pronto soccorso iniziamo a osservare casi di tachicardia, aritmia e ipertensione”.
Una ricerca uscita alla fine del 2012 su Nicotine and Tobacco Research è andata a indagare questo problema, analizzando quanta nicotina viene aspirata nei vari modelli di sigaretta elettronica. Sedici apparecchi fra i più diffusi in Gran Bretagna e Stati Uniti, dopo 20 serie di 15 aspirazioni – fatte da una macchina e quindi identiche tra loro – hanno rilasciato valori di nicotina variabili tra 0,5 e 15,4 milligrammi. La frazione di nicotina non aspirata è finita nell’ambiente sotto forma di vapore.
Ma piu’ semplicemente vietare un contenuto di nicotina oltre una certa soglia ?
Non hai piu’ il problema degli aromatici della combustione (ma bisogna pur vedere cosa si aspira,glicoli e impurezze varie da dubbia origine) in compenso, se esageri, una bella crisi ipertensiva.
Non ultimo, il recondito pensiero (ma sono io che mi sbaglio) che i Monopoli di Stato, vista la possibile contrazione del ricavo dal veleno di Stato, si inventino un Tk sulla ricarica per compensare.
Il mondo è bello perche è avariato