La farmaceutica è il settore che ha registrato in Italia la migliore performance nel 2012, mentre soffrono alcuni comparti della manifattura tradizionale come tessile e legno. Sulle esportazioni pesano più gli alti costi che le dimensioni delle aziende, secondo il primo rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi.
Considerando le dinamiche nel corso del 2012, “tra i settori che hanno mostrato in questa delicata fase congiunturale una migliore tenuta ci sono la farmaceutica e la fabbricazione di altri mezzi di trasporto, accanto a due comparti tradizionali quali le bevande e le altre industrie manifatturiere”, dice Istat, mentre in fascia alta, ma in peggioramento, ci sono la meccanica e il settore petrolifero.
Nella parte bassa della graduatoria ci sono invece “la stampa e riproduzione di supporti registrati, alcuni comparti della manifattura tradizionale (mobili, tessile e legno, questi ultimi con tendenza al miglioramento), settori di rilievo quali la gomma e plastica e la lavorazione di metalli non metalliferi”.
La farmaceutica, insieme con la chimica, la meccanica e la fabbricazione di apparecchiature elettriche e non, mostra una solidità strutturale costante tra il 2008 e il 2010. Nel 2010 l’insieme di questi settori ha rappresentato oltre il 27,4% del valore aggiunto manifatturiero.
Le 45.000 imprese manifatturiere esportatrici italiane hanno aumentato dell’11% le vendite tra gennaio/novembre 2010 e gennaio/novembre 2012.
Un’impresa manifatturiera su due ritiene che per espandere le esportazioni servirebbero ulteriori misure di garanzia o di agevolazione del credito all’export: tra i principali ostacoli alle esportazioni sono indicati la difficoltà di comprimere i costi di produzione e i vincoli di accesso al credito (rispettivamente, oltre il 70% e quasi il 40% di quelle attive nel comparto manifatturiero).
Un numero più contenuto di imprese segnala impedimenti dovuti a scarse capacità di offrire servizi all’estero, limitate capacità manageriali a operare su scala internazionale e dimensioni aziendali insufficienti (tutti intorno al 20%).
Il problema delle dimensioni aziendali riguarda circa il 25% delle piccole imprese e il 20% delle medie, mentre è avvertito da meno di una grande impresa su dieci.
Circa 9 mila aziende manifatturiere, pari al 20% del totale, ha consolidato la propria posizione nell’Ue ma perdendo posizioni verso l’area extra-Ue. “Questo potrebbe essere sintomo di una criticità, in quanto segnala un possibile arretramento sui mercati emergenti”, rileva Istat.
Ma se crescono per quale benedetto motivo licenziano a tutta forza?