Egregio Dr Galdo,
ho letto con interesse il Suo articolo “l’inutile abbuffata….” Pubblicato su “Il Mattino “ del 22 c.m. e , come concordato telefonicamente, Le trasmetto le mie riflessioni.
- corretta la Sua lettura dei dati AIFA, anche se carente di interpretazione poichè un’analisi comparata tra costi e consumi attuali e costi e consumi degli anni precedenti renderebbe evidente una netta diminuzione della spesa, dei consumi, del numero di ricette, come confermato anche dall’analisi dei consumi del primo trimestre del corrente anno, eccezion fatta per la spesa farmaceutica ospedaliera in costante aumento.
- I risultati sono accreditabili tanto al sempre maggior impegno dei farmacisti nella diffusione dei farmaci generici, quanto alla politica disincentivante attuata dalla maggior parte delle Regioni con introduzione dei ticket; non ultimi incidono sull’argomento anche i provvedimenti dell’Agenzia Italiana del Farmaco tendenti a privilegiare la classificazione dei farmaci di recente acquisizione in PHT ( distribuzione diretta ASL ) e non in classe A ( distribuzione in farmacia )
- significativi, certamente, i differenti consumi tra Nord e Sud della nazione ma gli stessi sono facilmente giustificati dal più fiducioso ricorso alle strutture ospedaliere pubbliche delle Regioni del Nord Italia rispetto al “diffidente “ rapporto con le inospitali strutture sanitarie meridionali
- Fortemente contenuti sono oramai consumi e costi dei farmaci antibiotici tutti già da tempo “genericati”, mentre risulta inevitabilmente sostenuta l’incidenza dei farmaci per l’apparato cardio circolatorio ma ciò per l’lelementare motivo che le patologie relative sono sempre più diffuse a causa di errati stili di vita e di aumento della vita media. Il fenomeno, tuttavia, potrà essere riportato sotto controllo se le scelte legislative sapranno recepire un’antica tesi di Federfarma la quale propone che il cittadino venga preso in carico dal farmacista per quanto riguarda l’aderenza della terapia, scongiurando in tal modo l’abbandono e la successiva sostituzione di terapie che non abbiano dato immediato effetto
- Lodevoli, infine, seppur governate esclusivamente dal volontarismo, le iniziative solidali attuate nel Comune di Roma che trovano analogo riscontro nazionale nel banco Farmaceutico e locale , a Napoli, nell’inizitive della comunità “ La tenda “ nonché della “ Casa di Tonia “L’occasione delle riflessioni che precedono, risulta però opportuna, a mio parere, per introdurre un ulteriore tassello ben più urgente e delicato al sistema distributivo dei farmaci: il grave problema delle carenze di medicinali, fondamentali ed insostituibili, che caratterizza oggi più di ieri la qualità dei servizi offerti dalla farmacia territoriale.
Tali carenze costringono i cittadini pazienti ad essere “ pazienti anche nella caccia al tesoro” tra le farmacie spesso sprovviste dei citati principi attivi non per loro colpa e volontà, bensì per le attuali distorsioni del mercato.
Fin qui gli effetti; provo ora a suggerirLe le cause.
L’Italia è l’unica nazione europea nella quale l’Agenzia del farmaco, oltre che registrare e classificare i farmaci, negozia con le ditte produttrici anche i rispettivi prezzi di vendita al pubblico. Considerata, nella circostanza, la sempre più diffusa subalternità della salute rispetto all’economia, il prezzo dei farmaci di classe A in Italia, al pari di Grecia e Portogallo, risulta tra i più bassi d’Europa, trasformando di fatto le sedi italiane delle multinazionali, loro malgrado, in autentici discount per le farmacie del resto d’Europa le quali lucrano sulla differenza tra il basso prezzo d’acquisto in Italia e l’alto prezzo di vendita al dettaglio nei rispettivi Paesi. ( vedi google alle voci esportazione di medicinali e/o carenze di farmaci ).
Al fine di evitare alterazioni dei singoli mercati nazionali, le ditte produttrici hanno introdotto un severo contingentamento dei medicinali destinati al mercato italiano, fornendo, in pratica, a quest’ultimo esclusivamente le quantità in base ai consumi storici del SSN.
A tale iniziativa, pur comprensibile, è paradossalmente da attribuire la progressiva irreperibilità di tanti medicinali.
Il significativo guadagno determinato dalla possibilità di esportare, ha infatti consigliato alcuni distributori intermedi nonché qualche farmacista indotto dall’attuale scarsissima redditività della farmacia a privilegiare l’esportazione anzichè la distribuzione territoriale..
Tutto regolare certo, le normative europee infatti consentono la libera circolazione dei farmaci all’interno dell’UE, il possesso di una licenza 219 ( legge di recepimento del codice europeo dei farmaci ) autorizza anche il farmacista alla pratica dell’esportazione, le conseguenze però non possono certamente considerarsi regolari viste le carenze della disponibilità a livello locale sempre più acute.
Una domanda è d’obbligo: è consentito, in regime di contingentamento, in applicazione dell’art 105 della legge 219, praticare l’esportazione senza aver prima soddisfatto le esigenze del territorio? E’giustificabile l’atteggiamento dell’AIFA la quale nonostante sia a conoscenza del problema non interviene per correggerlo normativamente? E’ulteriormente sostenibile una realtà nazionale che vede i propri cittadini titolari degli stessi doveri degli altri cittadini europei ma non gratificati degli stessi diritti, primo tra tutti quello delle cure mediche?
Caro Galdo ritengo che le criticità esposte meritino dai media non soluzioni ma certamente una diffusione del problema che concorra alla risoluzione delle prime
Grato per la Sua autorevole attenzione, disponibile a confrontarmi con Lei sull’argomento, Le invio cordiali saluti.
Michele Di Iorio
Presidente Federfarma Napoli