Editoriale – Introduzione al contingentamento dei farmaci e alla crisi di coscienza dei farmacisti.

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farmacia01Il nervo scoperto dalla corrispondenza tra Federfarma Salerno e ADF, nostra esclusiva della settimana scorsa, non è stato che l’inizio.

Come spesso accade quando si vanno ad alterare delicati equilibri o a spostare il coperchio da pentole in fase di ebollizione, non si sa bene a cosa si va incontro: si può intuire quale sarà il prossimo effetto ma di fatto si da il via ad una concatenazione di eventi che può prendere strade impreviste.

Partiamo dall’inizio: il famigerato D.Lgs. 219/2006.

Per venire incontro ad esigenze di sintesi e di chiarezza, sarà sufficiente spiegare che stiamo parlando di una legge che autorizza alcune farmacie o società, con determinate caratteristiche ed autorizzazioni, a commerciare farmaci con una modalità che fino a quel momento era riservata solo ai grossisti.

Questo decreto ha trasformato le farmacie provviste di autorizzazioni, in grossisti del farmaco.

Le regole del mercato sono uguali per tutti ed anche questi nuovi soggetti hanno potuto verificare che i guadagni sulla fascia A, i farmaci rimborsabili dal SSN, sono davvero esigui nel nostro Paese.

Ed ecco la soluzione: vendere i farmaci, acquistati regolarmente in Italia, all’estero.

I guadagni a volte raddoppiano. Semplice, legale ed efficace.

Ma cosa ne pensano le multinazionali del farmaco di questa pratica? Hanno accettato di buon grado la concorrenza dei piccoli traffici di questi neo-distributori italiani sul mercato estero?

Ovviamente no. Vedere i propri prodotti,  venduti in Italia a prezzi inferiori, riproposti in un altro Paese da piccoli esportatori a prezzi maggiorati, ma pur sempre inferiori a quelli che la stessa multinazionale applica in quel Paese, ha inacidito di molto i rapporti con la distribuzione italiana.

Come hanno scelto di difendersi le multinazionali del farmaco? Contingentando i farmaci nel Belpaese.

Questo indebolisce tutta la catena distributiva e a causa di qualche furbetto cominciano a mancare i farmaci laddove dovrebbero essere presenti.

Finora non vi è nulla di illegale in queste pratiche, seppure si possa riscontrare un atteggiamento piuttosto cinico che indebolisce il sistema.

Visto che, con le misure restrittive applicate dalle multinazionali, i guadagni si sono assottigliati è quasi ovvio che la prevedibile contro risposta dei soggetti interessati a questo mercato giunga in breve all’illegalità.

Onde assicurarsi il maggior numero di farmaci possibile, le farmacie autorizzate alla vendita all’estero si rivolgono alle farmacie “normali” e si fanno cedere parte delle loro scorte di farmaci.

Questo non è legale ed è eticamente tragico.

Togliere i farmaci alla propria clientela per fornirli alle farmacie, o alle società, soggette alla 219 è qualcosa di aberrante e contraria a qualunque parvenza di etica professionale.

Urgono subito provvedimenti in questo senso.

Non sapremmo indicare come e chi debba muoversi con solerzia, vista la situazione piuttosto complessa, ma qualcosa deve muoversi immediatamente.

In Grecia durante una fase molto accesa della crisi economica, un anno fa circa, fu emanato un decreto che vietava l’esportazione di farmaci “salvavita”.

La misura severa e fortemente restrittiva venne messa in pratica poiché le multinazionali del farmaco, viste le insolvenze del sistema sanitario greco, decisero di sospendere i rifornimenti dei farmaci;  chi i farmaci li aveva nei magazzini e negli scaffali preferiva venderli all’estero visto che il sistema sanitario non pagava.

Non crediamo che le due situazioni siano sovrapponibili, né paragonabili, ma, a nostro avviso, l’urgenza di un intervento è evidente poiché siamo di fronte ad una pratica illegale e fortemente degradante per la professione.

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