Il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti ha inviato nei giorni scorsi un rapporto riservato sulla situazione italiana della distribuzione dei farmaci al Presidente della Commissione Europea JOSE’ MANUEL BARROSO e ai Commissari JOAQUIN ALMUNIA (Concorrenza), MICHEL BARNIER (Mercato interno) e OLLI REHN (Affari economici e monetari).
Il rapporto, che si apre con la frase del Gattopardo “Everything changes because nothing changes” (Tutto cambi perché nulla cambi), spiega nei dettagli come le riforme sulla distribuzione delle farmacie messe in campo dal Governo Monti siano state boicottate e portate al fallimento.
Il MNLF denuncia inoltre, il tentativo di far fallire anche l’unica liberalizzazione che abbia portato risultati concreti, quella della legge Bersani sui farmaci d’automedicazione, con condizioni economiche imposte alle parafarmacie in grado di provocare la loro chiusura.
“Malgrado vari organismi internazionali” si legge nel rapporto ” durante la fase più acuta della crisi economica, avessero consigliato all’Italia di aprire i mercati bloccati, tutto è rimasto sostanzialmente fermo.
L’indice è puntato sull’influenza che lobby e corporazioni hanno sulla politica italiana, sulla loro capacità di piegare ai propri interessi provvedimenti legislativi nati per tutelare tutti i cittadini. Un esempio per tutti la liberalizzazione dei farmaci di fascia C, quelli con obbligo di ricetta che i cittadini pagano direttamente: la proposta di liberalizzazione partita dal Governo Monti viene cancellata totalmente dal Parlamento.
La situazione dei farmacisti italiani è senza alcun avvenire: salari tra i più bassi in Europa (paga base: 11 euro lordo/ora) e nessuna prospettiva di carriera e libera professione.
Il concorso, continua il MNLF, che doveva portare all’apertura di 5000 nuove farmacie, è stato condotto su un binario morto dall’intervento dei titolari di farmacia e dopo 18 mesi dall’approvazione della legge nessuna nuova farmacia è stata aperta. Inoltre, grazie al potere corporativo locale, molte nuove sedi sono state individuate in luoghi scarsamente abitati ove sarà impossibile aprire con il risultato finale che sarà un successo se verranno aperte 1500 farmacie, ovvero meno del 10% di quelle esistenti.
Il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti chiede l’intervento della Commissione Europea nei confronti del Governo italiano perché attui una seria politica di riforme del settore.
credo che il dott. Caprino,presidente di Federfarma lazio,non si offendera’ con me se per commentare questo articolo faccio un semplicissimo copia-incollla di un suo articolo scritto apposta per questa circostanza.
a mio avviso esemplare.
La fascia C e
il principio di realtà
La tenacia è una qualità che merita ogni possibile apprezzamento, tranne che
nelle circostanze in cui – rifiutando di fare i conti con la realtà dei fatti –
diventa prima pervicacia e poi, se spinta ancora in avanti, protervia.
L’
ennesima iniziativa del Mnlf nei confronti delle istituzioni europee per
chiedere “l’intervento della Commissione europea nei confronti del Governo
italiano perché attui una seria politica di riforme del settore”, della
quale diamo conto in un articolo del giornale di oggi, sembra purtroppo
rientrare proprio nelle ultime fattispecie.
La sigla dei liberi farmacisti
continua infatti pervicacemente a ignorare che tutte le pronunce degli organismi
europei – da quelli politici a quelli giurisdizionali – succedutesi fino a oggi
hanno sempre confermato come l’assetto di regolazione del servizio farmaceutico
italiano sia del tutto in linea con i principi dell’ordinamento europeo e trovi
ampia giustificazione nella necessità del legislatore italiano di assicurare al
sistema della distribuzione dei farmaci le condizioni minime vitali garantire la
continuità e capillarità dell’assistenza farmaceutica sul territorio
nazionale.
Basterebbe ricordare – buona ultima e per tutte – la relazione
dell’avvocato generale della Corte di giustizia Nils Wahl che
soltanto due mesi fa,a settembre, ha presentato le sue conclusioni a proposito
della causa originata dalla richiesta del Tar Lombardia – dopo il ricorso di
alcune parafarmacie – di una pronuncia della Corte europea sulla compatibilità
con il diritto comunitario delle norme italiane che riservano alle farmacie la
vendita dei medicinali con obbligo di ricetta medica.
In quell’occasione,
lontana solo poche settimane, Wahl ribadì il pieno diritto di uno Stato membro
dell’Unione europea di adottare regole restrittive che, a tutela della salute
pubblica, garantiscano la presenza capillare ed equilibrata di una rete di
farmacie tale da assicurare la copertura del servizio anche nelle zone
economicamente meno vantaggiose.
‘È evidente – affermò
nell’occasione l’avvocato generale – che il regime speciale stabilito dal
Legislatore italiano per le farmacie correrebbe il rischio di venire
compromesso, almeno parzialmente, qualora altri tipi di esercizi di vendita al
pubblico fossero autorizzati ad offrire prodotti medicinali la cui vendita è
attualmente riservata alle farmacie.”
Wahl precisò anche che le
farmacie italiane, in quanto presidi del servizio sanitario pubblico, sono
sottoposte a una serie di obblighi e vincoli a tutela della salute pubblica, che
comportano costi aggiuntivi rilevanti a carico delle farmacie stesse e che,
ovviamente, non pesano sugli esercizi commerciali. Estendere dunque anche a
questi ultimi esercizi la vendita di medicinali oggi affidati alle farmacie,
significherebbe ridurre ulteriormente le risorse disponibili, con il rischio di
compromettere l’efficienza e la capillarità del servizio farmaceutico, a danno
dei cittadini.
Tutto questo è chiarissimo, almeno per chiunque sappia (ave
ndo messo almeno una volta nella vita la mano sul fuoco ed essendosi bruciato)
che esiste una cosa che si chiama principio di realtà. Con il quale – piaccia o
meno – bisogna fare i conti, accettandone l’esistenza. Il che non significa – si
badi – accettare la realtà così com’è, ma semplicemente non cedere alla
tentazione di ignorarla, di stravolgerla, di rovesciarla.
Chi vuole davvero
apportare cambiamenti positivi, accetta il principio di realtà. Per il semplice
motivo che accettarlo, è il presupposto indispensabile per modificarla, la
realtà. Non serve, dunque – giusto per fare un esempio strettamente in tema –
ignorare che liberalizzare la fascia C significherebbe erodere il 30% dei
redditi provenienti dalla vendita di medicinali con ricetta (fascia A più C)
delle farmacie, come dimostrano studi e rilevazioni tanto precisi e attenti
quanto inattaccabili. Né serve far finta di non sapere che quel 30% ricordato
prima arriva a diventare circa il 50% negli esercizi più piccoli (tacendo degli
effetti negativi a cascata sul fatturato dell’extra-farmaco, per il semplice
fatto che – per quanto relai – sono più difficilmente misurabili).
Non serve,
perché negare questa realtà – o pretendere di rovesciarla, sproloquiando di
effetti inesistenti o minimi dell’eventuale liberalizzazione della fascia C
sulla rete delle farmacie – non può davvero portare da nessuna parte. E se mai
conducesse in qualche luogo, non sarebbe davvero quello delle “magnifiche sorti
e progressive” fatte di un servizio farmaceutico più aperto e libero, di
cittadini più soddisfatti, di pari opportunità per gli operatori che vagheggia
il Mnlf, ma semmai l’esatto contrario. Ovvero rarefazione del servizio nella
“periferia dell’impero”, con la chiusura di migliaia di piccole farmacie nei
centri più bisognosi, isolati e disagiati e, più in generale, settore della
distribuzione del farmaco degradato nell’economia e nelle condizioni
dell’esercizio professionale, con l’intero settore alla mercé di interessi
economici e capitali riconducibili a chissà chi e provenienti da chissà dove.
Senza dimenticare altri inevitabili corollari: obiettivi di tutela della
salute subordinati alle logiche del profitto e distorsioni della concorrenza
prodotte da un mercato a più velocità, dove acciughe e sgombri – ma anche
tonnetti e tonni- finirebbero ineluttabilmente in pasto agli squali.
La
faccio corta: ignorare il principio di realtà non porta davvero da nessuna parte
e finisce per trasformare le più sincere e nobili speranze nel peggiore degli
incubi, quello dove l’utopia diventa distopia e il migliore dei mondi possibili
(per quanto vagheggiato con nobili intenti) diventa l’inferno o, quando va bene,
la sua anticamera.
Per quanto strano possa suonare, sono grato a questo
ennesimo tentativo di “cercare un giudice a Berlino” avviato dal Mnlf,
tentativo che prevedo e mi auguro sia come gli altri, ovvero del tutto
improduttivo di effetti, se non quello di mantenere alta la bandiera del
radicalismo (che notoriamente è uno dei figli prediletti del rifiuto del
principio di realtà.)
In fondo, mi è stato fornito il pretesto per ricordare
(innanzitutto a me stesso) una cosa che dovremmo tutti rammentare più spesso:
chi rifiuta il principio di realtà compie inevitabilmente azioni che hanno
sempre conseguenze del tutto diverse, quando non opposte, rispetto alle
intenzioni di partenza. Teniamolo sempre bene a mente.