Beatrice Lorenzin, nata a Roma il 14 ottobre 1971, da padre istriano di Medolino (ora Medulin in Croazia) esule a Roma dal 1947, e madre fiorentina di Campi Bisenzio. Ha solo la maturità classica ma nessuna laurea. Nel 1996 aderisce al movimento giovanile di Forza Italia; nel 1997 inizia la carriera politica con l’elezione, in Forza Italia, al Consiglio del XIII Municipio di Roma; nel 1999 è Coordinatore regionale del Lazio del movimento giovanile di Forza Italia; nel 2001 è Consigliere comunale di Roma, è anche Vicepresidente della Commissione Donne Elette e Vicepresidente del Gruppo consiliare di Forza Italia; nel 2004 è Capo della Segreteria Tecnica di Paolo Bonaiuti (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri) nel governo Berlusconi III; nel 2005 diventa Coordinatore regionale di Forza Italia per il Lazio; dal 2006 diviene Coordinatore nazionale di Forza Italia – Giovani per la Libertà.
Nel 2008 è eletta alla Camera dei Deputati nella lista PdL, per la XVI Legislatura. Membro del Consiglio Direttivo del PdL alla Camera, della Commissione Affari Costituzionali della Camera, della Commissione Bicamerale per l’Attuazione del Federalismo Fiscale e della Commissione Parlamentare per l’Infanzia.
Durante il Governo Monti fa cancellare l’introduzione dei libri elettronici nella scuola per le perplessità di molti insegnanti, esperti e pedagogisti, sollecitate dalle case editrici, come da lei dichiarato, nel 2013, in una lezione durante una sessione pubblica della Scuola Governiadi. Nel 2013 è candidata alla Presidenza della Regione Lazio, ma lascia il posto a Francesco Storace, ma è riconfermata alla Camera dei Deputati nelle liste del PDL; il 16 novembre 2013, contestualmente alla cessazione del Popolo della Libertà e al rilancio di Forza Italia, aderisce al Nuovo Centrodestra guidato da Angelino Alfano.
Dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 nel governo Letta è Ministro della Salute, nonostante le sue uniche competenze riguardino mansioni di segreteria e coordinamento a livello nazionale e regionale e, come antiabortista, sia in posizione ancora più delicata rispetto al suo incarico, è proprio la scelta più coerente che si potesse fare essendo stata anche al centro di ampio dibattito sul cosiddetto metodo “Stamina” e nota per le sue posizioni conservatrici in tema di legalizzazione delle droghe leggere.
Il 30 settembre 2013, assieme agli altri ministri del Pdl, ella presenta dimissioni “irrevocabili” che vengono respinte dal Presidente del Consiglio Enrico Letta. Il 22 febbraio 2014 viene riconfermata dal nuovo premier Matteo Renzi alla guida del dicastero.
Ad Andkronos dichiara: “La Farmacia può svolgere un ruolo di infrastruttura sanitaria. Abbiamo già previsto di utilizzare queste infrastrutture sia nel Ddl in discussione al Senato, sia nel Patto per la salute. Abbiamo almeno una Farmacia in ogni comune, nei grandi molte di più, è una struttura già esistente e possiamo utilizzarla per molti servizi: dalle prenotazioni, alla fascicolazione, alla prevenzione. La Farmacia può essere occhi e orecchie del Ministero e delle Regioni per la prevenzione. La Farmacia consente di fare risparmiare il Ssn, ma non solo, essa può dare un servizio efficace, efficiente ed immediato ai cittadini. Tutti entrano almeno una volta al mese in una Farmacia e qui possono avere un contatto di formazione e informazione su molti temi importanti”.
Davanti a Federfarma esordisce: “Il rinnovo della Convenzione tra le farmacie e il Servizio sanitario nazionale spero arrivi velocemente. Soprattutto mi piacerebbe avere, insieme alla Convenzione, il Ddl ed il Patto della salute, per avere un sistema che vada a regime in modo organico e complessivo. La Farmacia deve svolgere un ruolo di infrastruttura sanitaria. E’ una rete che già abbiamo e che possiamo utilizzare per tante cose, dalle prestazioni all’utilizzo del fascicolo elettronico e può essere anche un modo per fare prevenzione. Abbiamo previsto di utilizzarle sia nel Ddl in discussione al Senato sia nel Patto per la Salute”.
All’Assemblea di Assofarm, il Ministro Lorenzin ha auspicato con forza una maggiore integrazione delle Farmacie nel Sistema Sanitario Nazionale, riservando alla loro capillare presenza sul territorio un ruolo di “sentinella” tale da permettere sia l’erogazione più efficace di servizi sanitari di prossimità, sia una riduzione della spesa sanitaria che, se ha dovuto subire necessari ridimensionamenti nel più ampio contesto di spending review, d’ora in avanti non dovrà più essere oggetto di tagli lineari che penalizzano i comparti virtuosi della sanità pubblica italiana.
“Parallelamente a ciò, è auspicabile una maggiore uniformità tra i sistemi sanitari regionali nel rispetto del principio di uguaglianza del diritto alla salute di tutti i cittadini italiani. Senza peraltro che venga meno un regime di federalismo fiscale.”
Riguardo la nuova remunerazione della Farmacia, il Ministro Lorenzin si è impegnata a riprendere il Tavolo di lavoro con l’obiettivo di giungere a una conclusione entro la fine dell’anno. L’unico limite posto dal Ministro è quello di immaginare ogni proposta di riforma in un contesto di saldi di spesa invariati. Allo stesso modo il Ministro ha assicurato il suo sostegno per una conclusione positiva dell’ormai annoso problema del rinnovo della Convenzione Regioni-Farmacie.
Nonostante queste dichiarazioni “spontanee” del Ministro che evidenziano una buona infarinatura sulle problematiche della Farmacia anche se superficiale e chiaramente non profondamente studiata, a tutt’oggi, pur essendo passati molti mesi e in alcuni casi addirittura un anno, nessuna delle azioni enunciate ha raggiunto il compimento: né la nuova Convenzione, né la nuova Remunerazione, né l’inserimento completo della Farmacia nel SSN.
Sicuramente è un Ministro che si impegna a conoscere i problemi e ad affrontarli, lo dimostrano i numerosi incontri tenuti con tutte le parti possibili della sanità e della farmaceutica; altrettanto certamente non vuole seguire il filone dei disastrosi predecessori, a partire da Bindi, Veronesi, Storace, Fazio, Balduzzi, tutti fautori di una sanità ospedalocentrica e assolutamente pubblica, tuttavia, il forte condizionamento del Ministero dell’economia e la revisione della spesa imposta da esso e dai Governi Monti, Letta e Renzi, tutti bloccati dall’Europa a perseguire il pareggio di bilancio e addirittura il rimborso del debito pubblico, la obbliga alla prudenza e al compromesso.
Inoltre, Ella ha affermato alla Commissione affari sociali: “Passo ora ad un altro obiettivo di rilevanza strategica: la riorganizzazione dell’assistenza territoriale per rafforzare i legami tra ospedale e territorio. Non vi è dubbio, infatti, che su questo tema, su cui hanno posto particolare attenzione i miei predecessori, Fazio, Balduzzi (!!! Il peggiore n.d.r.) si gioca la stessa sostenibilità del nostro Servizio sanitario nazionale. Su questo fronte occorre collaborare con le regioni per accelerare il percorso di attivazione delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e delle Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) deputate ad erogare l’assistenza primaria in un’ottica di complementarietà con le strutture ospedaliere e di accrescimento della capacità di presa in carico del cittadino assistito dal SSN. Nella medesima ottica, occorre continuare e completare il potenziamento del ruolo delle farmacie convenzionate nell’erogazione dei servizi sanitari sul territorio. La Farmacia dei servizi, tenuto conto della presenza capillare delle farmacie sull’intero territorio nazionale, può garantire, con ridotti oneri per il SSN, prima assistenza e un’efficace missione di orientamento del cittadino verso gli altri presidi sanitari. Tale nuovo ruolo delle farmacie potrà comportare effetti virtuosi per la finanza pubblica, limitando l’accesso alle strutture ospedaliere e ai pronto soccorso in relazione alle effettive necessità dell’assistenza sanitaria, anche preventiva, con esclusione dei casi di domanda di servizi suscettibile di adeguata soddisfazione da parte delle farmacie.
Domandiamoci come possa il Ministro, competente e preparato, da una parte spronare l’apertura in tutte le Regioni delle AFT e UCCP, che sono le aggregazioni polifunzionali dei medici di base e specialisti, in impianti fortemente strutturati e centralizzati che dovrebbero, secondo le previsioni, contenere una ventina di professionisti e attrezzature complesse, quali ecografi, sistemi radiologici, apparecchi per le analisi eccetera, nonché assistenti professionali quali infermieri, fisioterapisti, segretari e altri, costituendo mini ospedali o mini pronto soccorso per bacini di utenza di circa 30.000 abitanti con lo scopo di alleggerire i pronto soccorso e i reparti degli ospedali, fornendo un servizio sicuramente 12 ore, ma molto più efficacemente 24 ore, e dall’altra esaltare il ruolo di servizio delle Farmacie.
Infatti, laddove saranno concentrati i medici in una struttura polifunzionale, sicuramente la Farmacia esistente potrà trarre notevolissimi vantaggi di servizio e anche economici vedendosi moltiplicare n volte il numero dei pazienti che accedono, ma tutte le altre farmacie del bacino di utenza vedranno svuotare a tal punto le proprie entrate da dover ridimensionare personale ed investimenti abbassando in modo molto sostanziale il servizio e non potendo più nemmeno svolgere il normale lavoro di dispensazione senza nemmeno attivare altri servizi ulteriori per mancanza di accessi, diminuendo la efficienza se non addirittura la capillarità per la obbligata chiusura.
O il Ministro pensa davvero che i medici di base, costretti ad accentrarsi, mantengano comunque aperti i propri ambulatori nei piccoli centri a costi propri quando nel centro avranno tutto gratuito compreso l’assistenza di segreteria e infermieristica oltre alla comodità di alternarsi con gli altri colleghi? Qualcuno potrà dirmi che non è vero che avranno le strutture gratuitamente, poiché dovranno pagarsi consumi e utenze, ma bisogna sapere che per questo avranno un aumento di stipendio, che nel Veneto è stato quantificato in 36.000 euro l’anno, 3.000 euro al mese, che ritengo siano più che sufficienti a compensare i costi di gestione e a ricompensare i medici per la disponibilità a coprire le 12 ore turnandosi tra loro. 12 ore, diviso 20 medici, sono poco più di mezz’ora al giorno, che può diventare anche un ora o due se si turnano coprendo il fabbisogno comunque.
E nei piccoli centri di tante aree del paese, che distano 3-5-10 km uno dall’altro, i pazienti (magari anziani, come la maggior parte, e impossibilitati a spostarsi presso il centro) come dovranno accedere in caso di necessità e chi troveranno, se comunque sono riusciti a trovare un passaggio, sicuramente non più il medico di fiducia scelto, ma uno dei tanti, malauguratamente anche proprio il medico che hanno ricusato per incompatibilità. Un sindaco mi ha risposto che si possono organizzare dei pulmini per raccogliere i pazienti bisognosi di trasporto (!!!) e comunque tutti hanno se non l’auto almeno un figlio o un nipote che possa trasportarli (il quale magari va a scuola o lavora e deve chiedere un permesso !!!). Quindi, bisogna organizzare un pulmino che giri di continuo tutte e 12 le ore (o 24) poiché non è possibile preventivare quando un cittadino si ammala e ha bisogno urgente di una visita.
L’incongruenza di questa attivazione è palese: Farmacie dovete organizzarvi per dare più servizi (quindi investire) sul territorio, ma i medici di base dovranno spostarsi presso un unico centro sguarnendo il territorio.
Probabilmente non comprendo, non sono all’altezza, non ho competenza.
Inoltre, come si concilia una nuova Convenzione, una nuova Remunerazione, i nuovi Servizi in farmacia (a costo dello Stato, altrimenti sono attivazioni ridicole e senza futuro se non per pochissime farmacie molto potenti per un bacino di utenza molto ampio e molto ricco) con le altre previsioni enunciate dal Ministro nelle Commissioni parlamentari:
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“E’ finita la fase consultiva delle 10 commissioni della Conferenza Stato-Regioni, condivisa con le otto regioni selezionate per una trattativa sul Patto per la salute, e abbiamo concordato un timing in dieci capitoli, quindi dieci gironi, divisi in più appuntamenti per settimana per chiudere il Patto nei vari capitoli definiti”.
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Il Patto per la salute prevede “un budget certo fino al 2017 e più precisamente per il 2014, la cifra stanziata è di 109,902 miliardi; per il 2015 la cifra è di 113,452 miliardi; per il 2016 la cifra è di 117,563 miliardi e per il 2017 è di 122 miliardi”.
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“Non chiamiamola spending review perché vogliamo agire in senso opposto ai tagli lineari. Possiamo risparmiare ottimizzando le cure con il piano quinquennale per la deospedalizzazione mettendo in rete ospedali, Asl e studi dei medici di famiglia, grazie anche all’informatizzazione e al fascicolo sanitario elettronico, che impedirà inutili duplicazioni di prestazioni. Le farmacie di servizio (???) possono fare la loro parte garantendo prestazioni base e prenotazioni. Ma si può risparmiare anche creando centrali d’acquisto”.
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La spesa farmaceutica italiana “è stata abbattuta di diversi miliardi di euro con una serie di manovre e oggi è la più bassa rispetto all’ Europa, al punto che i nostri farmaci sono venduti all’estero in un mercato parallelo e le farmacie non sono rifornite. Se da un lato la riduzione della spesa farmaceutica ha prodotto un risparmio, dall’altro abbiamo un mercato parallelo e un problema sulla tenuta dei sistemi industriali”.
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E sul ticket il Ministro è molto chiaro: “Va senza dubbio riformato in modo semplice e lineare, tenendo conto dei carichi familiari. Metà degli assistiti non paga il ticket perché esente ed è la fetta di popolazione che consuma l’80% delle prestazioni. In alcune aree del Paese gli esenti per reddito sono il 70%. Quindi, riformiamo il sistema dei ticket spalmandoli in modo più equo sulle prestazioni sanitarie e riduciamo il numero degli esenti in modo da garantire a chi ha davvero necessità di accesso alle cure”.
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Inoltre “La spesa farmaceutica ospedaliera continua ad essere fuori controllo oltre l’8% e occorre capire se la spesa ha sfondato perché i tetti sono troppo bassi o perché qualcuno ha sbagliato. Probabilmente le due cose vanno insieme, ma ciò non toglie che gli squilibri alla fine vanno poi sanati”.
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“Il problema non è solo dei Direttori generali ma le strutture non funzionano anche perché non vanno i Direttori sanitari della struttura. La selezione del management sanitario si può affrontare anche con la creazione di una scuola ad hoc. Se uno degli elementi di valutazione della performance è il raggiungimento degli obiettivi, si può dare degli obiettivi e remunerare gli obiettivi ottenuti. Se avviene nelle aziende non si comprende perché non si possa applicare anche all’interno di un’azienda ospedaliera”.
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“Il ministero della Salute deve intervenire con maggiore forza sulla gestione dei Lea con una task force che va direttamente nelle aziende, prima che la crisi sia conclamata, per un tempo molto circoscritto al fine di correggere quei processi che hanno dato vita alla disfunzione. Oggi, dopo un modello di commissariamento rozzo, abbiamo bisogno di un’azione più raffinata. Le regioni devono porsi revisionare la spesa interna prevedendo una centrale unica di acquisti, beni e servizi e la quantificazione dei costi standard”.
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“Il patto deve rifare i Lea. Una delle ragioni della stabilizzazione è proprio questa. Abbiamo stabilizzato il budget per poter assegnare una quota e in tre anni revisionare i Lea, che verranno sfoltiti e aggiornati. La nuova fase del Ssn dovrà focalizzarsi sui Lea, sulla qualità della cura e sulla sostenibilità finanziaria”.
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“La razionalizzazione dell’efficientamento della spesa devono tener conto del fatto che dovremo ridurre di 50 miliardi l’anno il debito incidendo molto sulla spesa pubblica italiana mantenendo la sostenibilità del sistema per le generazioni future, mettendo in sicurezza il sistema perché possa reggere. Stanno cambiando i modelli di cura e questo è affrontato in piccoli tavoli tecnici mentre la medicina personalizzata è il futuro che non costerà poche migliaia di euro ma centinaia di migliaia di euro. Un sistema universalistico come il nostro dovrà garantire l’accesso ai farmaci, con la compartecipazione alla spesa, per garantire a tutti i cittadini e non soltanto a chi ha un’assicurazione la possibilità di avere il meglio. Anche il mondo industriale si sta interrogando su queste tematiche, ben cosciente che lo Stato non potrà pagare tutto”.
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«L’obiettivo è fissare priorità, da una parte per la sostenibilità della spesa farmaceutica italiana, dall’altra per trovare percorsi condivisi con le parti sociali e con le aziende, allo scopo di far rimanere l’industria farmaceutica in Italia».
Come ben si comprende, pertanto, il Ministro nel settore della farmaceutica non ha ancora “fatto” nulla di rivoluzionario, solamente annunci e progetti molto intelligenti e validi, ma non sono stati raggiunti nuovi obiettivi e le varie proposte sono ferme presso le Commissioni o il Parlamento, pertanto, come tutti gli atti di questo Governo Renzi e del precedente Governo Letta, dobbiamo attendere che le proposte e i Ddl vadano in porto con doppia approvazione delle Camere, altrimenti si rischia di discutere e dare opinioni definitive su intenzioni che non è assolutamente detto riescano a giungere in porto prima della eventuale caduta del Governo, visto che in poco più di tre anni sono stati eliminati 3 governi successivi, tutti deboli, indecisi, incapaci di portare a risultati positivi.