La farmacia al centro dei meccanismi di counseling e di pharmaceutical care, fornendo ottimi riscontri nei parametri di gestione e controllo delle terapie, nei confronti degli utenti ed in particolare anziani, superando barriere complesse come quelle dell’inadempienza psicologica, per motivi vari, oppure l’incapacità di trovare riscontri pratici nei trattamenti perdendo interesse verso il regime da sostenere. Questo è in sintesi ciò di cui si sta occupando lo studio RE-I-MUR intento a valutare quanto il modello, basato sulla centralità della farmacia come punto di riferimento terapeutico, possa incidere sulla qualità delle terapie.
Lo studio, denominato nel dettaglio come “Valutazione randomizzata della Revisione Italiana dell’Uso dei Farmaci (I-MUR) fornita dai farmacisti di comunità usando l’asma come modello”, è stato promosso dalla Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani e dalla Medway School of Pharmacy dell’Università del Kent, proponendosi come uno dei più importanti trial di verifica dell’incidenza della farmacia nella pharmaceutical care, coinvolgendo ben 360 farmacisti in 15 Regioni, per la durata di 9 mesi su circa 1800 pazienti, valutando le risposte ed i comportamenti che questi ultimi applicano ai medicinali prescritti nel momento in cui ad intervenire sul monitoraggio è la farmacia.
Soddisfatto dell’avanzamento del progetto anche Andrea Mandelli, presidenti Fofi, convinto della necessità di testimoniare l’importanza dell’attività e del farmacista in pratiche con risvolti d’interesse generale anche nell’ottica della spending review, poiché il miglioramento dell’adesione alle terapie vanta come effetto primario la riduzione dei periodi di ricoveri ed accessi ai pronto soccorso: “Si tratta dello studio nel setting della farmacia di comunità più vasto mai realizzato in Europa, sia per numerosità del campione sia per l’ampiezza del territorio interessato…progetto che punta a dimostrare non solo che nella farmacia italiana è possibile erogare le prestazioni avanzate della pharmaceutical care, ma che queste hanno un impatto significativo sulla salute del paziente e contribuiscono quindi a ridurre i costi sanitari“.