Il problema relativo il caso Avastin, ed in particolare del suo utilizzo off-label, torna a far parlare all’interno del settore con la recente sentenza emessa dal Tar del Lazio in merito al ricorso mossa dalla Soi, ovvero la Società oftalmologica italiana, in merito all’utilizzo del principio attivo al centro della similarità con Lucentis all’interno dello scandalo su larga scala che ha visto coinvolte in prima istanza, e sul caso specifico, Novartis e Roche.
Tra i punti mossi dalla Soi nel ricorso diretto all’utilizzo off-label del farmaco nell’ambito del trattamento della generazione maculare senile spiccherebbe un marcato rischio, con gravità ed irreparabilità, ascrivibile al Bevacizumab risultando in perfetta linea con l’idea maturata da Roche e Novartis nella nota diversificazione dei farmaci, con approvazione Aifa e prezzo decisamente più elevato per Lucentis, che ha dato vita al caso Avastin. Accuse che il Tar del Lazio ha bocciato giustificando il”prevalente interesse pubblico alla somministrazione del farmaco con le modalità individuate nella delibera impugnata considerando che il danno per i pazienti paventato dalla parte ricorrente, “non assume il connotato della gravità e irreparabilità perchè, come affermato dall’Aifa e confermato, con dichiarazione, riportata a verbale, dell’Avvocatura generale dello Stato, il farmaco è presente nei centri oculistici ad alta specializzazione presso ospedali pubblici individuati dalla Regione”.
Nonostante il successo conseguito in favore dell’utilizzo off-labe di Avastin, la questione sarà ugualmente discussa in occasione dall’apposita fase di merito con data fissata al 21 Aprile 2015. La scelta del Tar del Lazio è ovviamente dovuta e circoscritta all’analisi di prassi delle motivazioni che propendono alla conferma degli attuali metodi e modalità di somministrazione del farmaco, allo scopo di meglio definire gli effetti nell’ambito del trattamento della degenerazione maculare senile.