Il miglioramento delle terapie antidiabetiche rappresenta una delle primarie strategie per contrastare un problema classificato tra le patologie a rischio dall’OMS, il cui peso anche in termini economici ricade sulle già fragili strutture dei diversi Sistemi Sanitari. Ciò, in particolare per il diabete di tipo 2, ha indotto alla ricerca di soluzioni innovative rispetto anche quadri clinici complessi individuando nel Liraglutide un farmaco di assoluto rilievo per ridurre l’emoglobina glicata anche rispetto soggetti affetti da insufficienza renale moderata.
A confermare gli ottimi risultati, ottenuti con la somministrazione in aggiunta alla terapia stipulata sul singolo soggetto, è stato il trail randomizzato in doppio cieco LIRA-RENAL condotto su 277 pazienti affetti proprio da insufficienza renale cronica di stadio 3 ed in cura con antidiabetici orali o terapia insulinica e liraglutide 1,8 mg/die o placebo. Dopo 26 settimane di trattamento i dati relativi l’HbA1c hanno registrato significativi riduzioni, pari al -1,05% contro il -0,38%, tra il farmaco ed il placebo portando a considerazioni positive: “Penso che questo sia uno studio molto importante – ha riferito David Scott, proseguendo – Come nefrologo clinico, mi trovo tutti i giorni ad affrontare il problema di come trattare i miei pazienti diabetici con insufficienza renale cronica perché ci sono farmaci che sono controindicati e altri che non sono ben tollerati… le opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti con diabete di tipo 2 e insufficienza renale sono ancora limitate“.
Lo studio ha quindi confermato miglioramenti per l’utilizzo di liraglutide il quale, nonostante tutto, è ben tollerato soltanto sia pazienti con insufficienza renale lieve oltre che moderata ampliando in tal modo gli orizzonti di utilizzo del farmaco. La terapia, a dispetto dei buoni risultati, continua a dimostrarsi inadatto per soggetti affetti da diabete di tipo 2 e nefropatia cronica.