L’orticello personale non vale l’interesse di tutti di Raffaele Siniscalchi

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Sarebbe fin troppo facile, quando un esponente del governo anticipa intenzioni legislative a favore o contro una categoria di lavoratori, descrivere gli interessi corporativistici da abbattere o i privilegi da tutelare.
Ma sebbene la semplicità di pensiero, additata come populismo, porti a facili consensi elettorali, non sempre nel tempo premia.
Soprattutto se dimentica delle regole e degli accordi che hanno indotto a un preciso costrutto legislativo, sedimentato negli anni, ma perciò solido ed efficace nel fine perseguito.
Ebbi a suo tempo modo di esplicitare gli interessi ambiti dalle varie sigle dietro cui si schierano gli animi più accesi di coloro che, fregiati col nome di “liberi farmacisti”, sono proiettati all’ottenimento di quel risultato tanto denigrato e sminuito poiché posseduto da altri: la titolarità di una farmacia!
Prontissimi però a difendere l’orticello della pseudo-farmacia regalato da Bersani e Monti a suon di decreti legge.
La motivazione dell’acredine nei confronti dei titolari di farmacia viene incentivata tempestivamente con la necessità di “scardinare un sistema medievale” che consente, nel passaggio generazionale, la vendita o l’ereditarietà di una concessione governativa.
Ma, a prescindere dal fatto in se, il legislatore ha consentito quel che anche il codice civile prevede affinché l’imprenditore farmacista investisse di suo in un’attività con molteplici restrizioni e vincoli operativi, commerciale in alcuni aspetti ma votata alla tutela della salute pubblica, e supplisse con sue risorse private a esigenze organizzative e pecuniarie di un tessuto “social-sanitario” carente e precario, soprattutto in zone disagiate e periferiche.
Legittima quindi la trasmissibilità o la vendita dell’impegno economico e personale, anche familiare, profuso in una vita lavorativa!
Ma ciò non conta, anzi non deve incidere nel processo delle liberalizzazioni volute sotto dettatura (oserei scrivere “dittatura”) delle multinazionali della distribuzione farmaceutica.
Cambiano i rappresentanti delle varie sigle (MNLF, Federazione Nazionale Parafarmacie italiane, ecc.) ma il piagnisteo è sempre lo stesso.
Forse l’attuale presidente Gullotta della FNP dovrebbe ricordare meglio la storia e citare il T.U.L.S. del 1934 che sostituì la legge Crispi, piuttosto che indietreggiare di secoli ed evocare lo “ius primae noctis” e invocare la Santa Inquisizione!
Forse dovrebbe menzionare a cosa condusse la liberalizzazione del servizio farmaceutico nell’era Crispi e conseguente desertificazione dei piccoli centri. Ci vollero decenni per riportare l’assistenza sanitaria e farmaceutica a livelli accettabili per l’epoca, ma inammissibili secondo gli attuali standard europei.
E visto che Gullotta fa appello all’Europa e paventa il suo verdetto che “…. aspetta al varco il Governo Renzi per giudicarlo su riforme e competitività”, gradirei apprendere in quale paese europeo sono ammissibili le recenti castronerie proposte dalla ministra Guidi sul tema farmacie e distribuzione farmaceutica!
Se poi vogliamo restare in Europa, e personalmente spero di uscirne, almeno rispettiamone le sentenze!
La Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea si sono più volte pronunciate sulla normativa italiana che regola l’attività delle farmacie, ribadendone non solo la piena legittimità, ma anche la validità e l’efficacia ai fini della tutela della salute dei cittadini.
E se ciò non bastasse, ricordo i patti di Laeken del 2001, in cui fu fatta una mera distinzione tra S.I.E.G. e S.I.G., decretando che le Società di Interesse Generale degli stati membri, votate alla tutela della salute pubblica, non possono essere oggetto di normative finalizzate alla concorrenza del mercato.
Non voglio dilungarmi oltre, ma reputo bastino queste poche informazioni per sancire l’approssimazione e l’interesse particolare di coloro che augurano l’intervento governativo col fine di conseguire obiettivi economici e la spoliazione dei diritti e la proprietà di privati cittadini.
Se poi questa è l’Europa, forse aveva ragione Winston Churchill, “L’uomo inciamperà occasionalmente nella verità, ma la maggior parte delle volte si rialzerà e andrà avanti”, disconoscendola volutamente, aggiungo!

Raffaele Siniscalchi

10 COMMENTS

  1. Accidenti.
    Dal titolone e dalla prefazione, sembrerebbe quasi un articolo serio.
    Se non riproporre le solite stesse “storie”, a difesa del proprio orticello e privilegi da mantenere.

    Certo, non è che se ne possano trovare molti, di argomenti per giustificare un settore CHIUSO e impermeabile ai cambiamenti nei decenni, che infila le prime cariche dei propri rappresentanti in PARLAMENTO e SENATO, a controllare che non si smuova nulla, e ad assicurarsi che il FEDELE ministro lorenzin, azzeri ogni accenno di apertura, e “sterilizzi” ogni PERICOLOSA novità.
    Basta guardare il concorso per l’apertuda di nuove sedi, congegnato in modo tale da scoraggiare e rinviare a tempi biblici le PERICOLOSISSIME APERTURE.

    Un settore dove i DIPENDENTI, con Laurea in campo sanitario, sono pagati da COMMESSI, che devono pagare addirittura il PIZZO sotto il nome di “Fondo di Solidarietà”, ai propri datori di lavoro, che saranno gli unici, un giorno, a recuperare qualcosa sotto forma di pensione, pur bassa che sia!
    Alla faccia degli interessi di tutti.

    Poi c’è la solita STORIELLA delle zone disagiate, sempre utile portare avanti, e quella di come va all’estero, e via cantando, evitando bene di spiegare, che nelle variegate realtà, c’è chi ha liberalizzato completamente, chi paga da 2 a 3 volte quello che viene pagato in Italia, ecc.
    Non è possibile riportare tutti i regolamenti europei.

    Ne cito uno, per esempio, che conosco bene per vari motivi, tanto per SCONFESSARE il Titolare autore dell’articolo, interessato al SUO orticello: la Germania, dove l’apertura è LIBERA (la pianta organica è stata abolita nel 1958), ogni Farmacista ne può aprire fino ad un massimo di quattro, non ci sono zone “disagiate”, non è in pericolo la salute pubblica, e tutto funziona alla grande.
    Perchè non c’è l’apertura di massa di farmacie? Perchè i Dottori Dipendenti sono pagati benissimo, circa 2 volte e mezzo rispetto all’Italia, fanno orari giornalieri di 6 ore, e quindi non sono troppo motivati ad investire e mettersi in gioco personalmente.
    Se qualcuno pensa che siano balle, vi posso anche dire dove trovare il testo di legge tedesco, purtroppo in lingua originale.

    E poi è difficile spiegare come mai, per esempio, un medico possa aprire il proprio studio dovunque voglia, senza essere OBBLIGATO a lavorare come dipendente da un altro suo collega, magari a 1200 euro il mese, e come questo non comporti grandissimi rischi per la salute, ed enormi problemi per le “zone disagiate”.
    Sarebbero tante le cose da dire, e le argomentazioni da portare, per dimostrare che si, è proprio la difesa del proprio “orticello” e del “sistema medievale”, lo scopo di questo articolo.

    E che venga fatto da coloro che si dicono “LIBERISTI”, attaccando un “pericoloso comunista” come Bersani, è ancora più grave, e deve ancor più far riflettere.

    • In Parlamento 3 farmacisti in tutto, ma siamo sempre con il solito piagnisteo.
      Lorenzin osa pensarla diversamente da voi e allora è fedele a federfarma. Se 10 la pensano come te e 1000 diversamente, i 1000 sono chiaramente cretini e venduti. Anche basta con questi discorsi, no?
      Concorso per le nuove sedi, l’ha fatto Monti, federfarma l’ha detto subito che il decreto era fatto malissimo e che si prestava a contestazioni, ma ovviamente i ritardi sono colpa di federfarma e monti è un suo (segreto) fedele anche lui.
      E la chiudo qui perché se Siniscalchi di argomenti secondo te ne ha portati pochi, tu ne hai portati zero

      • direi che invece la risposta di marco sia piena di argomenti. davvero,
        piena zeppa. e tutti incontestabili. la germania, i titolari in parlamento, il fondo di
        solidarietà alias pizzo, le zone disagiate cavallo di troia stagionale, i
        medici, gli stipendi da commesso…ma sei sicuro di aver letto bene? no perchè capisco che si fa più fatica a contestare che ad insultare, però dai, provaci.

        • Non so perché ma del suo commento sabato riuscivo a vedere solo la parte fino ai dipendenti.
          E’ vero, ha argomentato, ma a senso unico. Sulla Germania si è scritto e riscritto, è vero che tutti possono aprirci una farmacia. Basta avere un grosso capitale per aprire secondo le loro regole e un bacino di utenza che faccia rientrare dall’investimento. Forse è per questo che le farmacie non spuntano come funghi e che ultimamente sono più quelle che chiudono che quelle che aprono?
          E’ vero che i dipendenti sono pagati meglio che in Italia, ma è anche vero che in Germania non c’è l’esportazione selvaggia dei farmaci. Come mai? Forse sono un po’ più cari che in Italia?
          Tutti i medici possono aprire uno studio, ma non in convenzione con il SSN, qui i posti sono limitati. Nel mio paesello c’è 1 medico di base e la popolazione è in perpetua lotta con la ASL che lo vorrebbe portare nella ‘casa della salute’ (a 10-15 km di distanza dagli assistiti). Se liberalizzassero, tu pensi che io rimarrei nel paesino dove hanno tolto anche l’ufficio postale o mi sposterei nella cittadina con 3000 e passa abitanti?

  2. Come spesso, anzi sempre, accade con pensieri e affermazioni che toccano nervi scoperti in ambiti lavorativi e corporativistici, c’è chi si accalora e tenta di sconfessare la controparte con vigore e,
    in taluni casi, offese.

    Ma è la sostanza dei concetti che pesa.
    Il merito della questione è sempre lo stesso. Il metodo invece muta per opportunismo politico.
    La realtà è sotto gli occhi di tutti: in Liguria ben 60 sedi son state rifiutate nel concorso straordinario!

    Quando la remuneratività delle farmacie era più alta, sicuramente l’esito sarebbe stato diverso.
    Quando il collega depreca i 1200 euro di stipendio mensile, sarebbe bene precisare che essi devono essere moltiplicati per 14 mensilità!
    Quando appaiono ancora pochi, e sono io per primo che voglio con forza sottolinearlo, varrebbe la pena ricordare che derivano da un impegno economico di 40.000 euro l’anno lordi per l’azienda farmacia, a cui vanno sommati i costi assicurativi, contabili e di aggiornamento per quell’unità lavorativa.
    Ma evidentemente, il collega queste cose non le sa o, volutamente, le ignora.

    Sicuramente ignora anche che per poter garantire l’importo del costo di quell’unità lavorativa sono necessari 400.000 euro di farmaci erogati per conto del SSN o, perlomeno 250/300 euro di prodotti para-farmaceutici!

    In una realtà, italiana (visto il paragone con la Germania), dove una farmacia media ha un fatturato
    che si aggira tra 900.000 e 1.200.000 euro, aumentare gli stipendi del personale, cosa giusta, dovrebbe comportare o una equiparabile crescita della redditività, pericolosamente crollata viste le difficoltà economiche in cui versano molte farmacie (con diminuzione delle sedi?), o una diminuzione del personale (come è accaduto in altri settori in crisi!).

    Stiamo parlando di aziende dove la remunerazione del capitale, se dovessimo andare incontro a un processo inflattivo con aumento dei tassi di interesse sui BOT, non sarebbe più proporzionale al rischio
    d’impresa. E le prime farmacie in crisi, non è un caso, son proprio le pubbliche comunali.

    Comunque sia, vista l’analisi della situazione, andate a chiedere agli artefici dei vari provvedimenti
    che hanno interessato il settore, da Bersani a Monti, quale sia la quadratura del cerchio.
    Son bravissimi a fare i conti nelle tasche altrui!

    • Punto primo, le sedi rifiutate: Lei sa benissimo, meglio di me, che c’erano già state moltissime contestazioni in merito alle nuove sedi, molte delle quali in zone “pessime”, spopolate.
      E a scegliere le zone, SICURAMENTE non sono stati i “concorrenti”, ma qualcuno che FORSE aveva interessi di parte.
      Punto secondo, lo stipendio: l’unica cosa in cui concordo, è l’alta tassazione italiana, la cosiddetta forbice. Ma questa è la stessa per ogni categoria. Anche chi vende scarpe, con tutto il rispetto, ha la solita, e lo stipendio, come dicevo, è lo stesso, così come lo è per i Medici, che però hanno MOLTO di più come netto in busta paga.
      Come vede, queste cose le so, e non le ignoro, come non ignoro invece, la FORBICE tra i titolari “nobiliari” che ereditano il titolo, ed i loro dipendenti. Lo so, NON TUTTI, per carità, sennò apriamo un altro capitolo!

      Lei invece, ha ignorato altri punti del mio commento:
      Perchè i dipendenti, devono pagare le pensioni dei loro fortunati titolari?
      Perchè i Medici, non sono costretti a lavorare da dipendenti di altri Medici?
      Perchè si è capovolto il mondo e i veri “liberisti” sono ora i “comunisti”, e i “protezionisti” sono quelli che PREDICANO (a parole) il libero mercato?

      In quanto a Enrico, guardi, senza offesa, il SUO è un commento VUOTO, senza argomentazioni, senza nesso logico di alcun tipo.

      Non merita risposta, perchè non c’è NIENTE da rispondere, se non una cosa: 1000 la pensano come ME, e 10 come LEI.

      Vuol fare un sondaggio fra TUTTI i Farmacisti d’Italia?

      Solo che i 10 hanno il potere, pagano chi il potere ce l’ha, fanno eleggere LORO rappresentanti ovunque, e quindi PER ORA, riescono a mantenere il MONOPOLIO.

      • Rispondo, non foss’altro che in questa assolata domenica di turno non c’è molto da fare. Anzi niente. Tutti hanno gradito, giustamente, la calura della spiaggia al fresco del climatizzatore in casa.

        Ma da dove cominciare?
        Il collega genera un minestrone di concetti, pigolando argomentazioni un po’ qui e un po’ la, senza soluzione di continuità e disarticolando lo stesso suo costrutto.

        Dice che
        ” … le sedi rifiutate: Lei sa benissimo, meglio di me, che c’erano già state moltissime contestazioni in merito alle nuove sedi, molte delle quali in zone “pessime”, spopolate.
        E a scegliere le zone, SICURAMENTE non sono stati i “concorrenti”, ma qualcuno che FORSE aveva interessi di parte.”

        Puntualizzo di non sapere “benissimo” nulla tranne il fatto che in Italia ci sono 22.000 farmacie; più che sufficienti a coprire l’intero territorio nazionale con un bacino d’utenza medio di 3.600 abitanti ciascuna e appena necessario a tutelare gli standard
        richiesti per la qualità del servizio offerto.
        Era quindi facilmente ipotizzabile il rifiuto di molti farmacisti ad assumere la titolarità di sedi farmaceutiche ove l’utile economico scende al disotto di quel che è lo stipendio di un collaboratore; soprattutto se equiparato alle ore profuse nell’attività e alle maggiori
        responsabilità. Volutamente non inserisco nel computo l’eventuale disagio derivante dalla zona periferica assegnata!

        Il collega poi tocca la questione dello stipendio, come se fosse disgiunto dalla
        remuneratività della farmacia, e lo equipara a quello dei medici (quali medici?).
        Dice anche che la tassazione è uguale per tutti.
        Mi permetto di dissentire. Le società di capitali, alle quali oggi Renzi ha fatto un bel regalo, non pagano nulla. Al massimo l’IRES (27,50% di imposta!), quando non eludono!

        Come al solito il paragone si sofferma sempre tra ” … i titolari “nobiliari” che ereditano il titolo, ed i loro dipendenti ….”.
        Forse varrebbe la pena evidenziare questa differenza, ponderando che, nella media delle sedi farmaceutiche, l’utile netto del titolare è pari al lordo dello stipendio del collaboratore (circa 40.000 euro annui).
        Ovviamente c’è sempre la storiella del pollo di Trilussa da considerare, ma tant’è ..!

        Infine il collega chiede “… Perché i dipendenti, devono pagare le pensioni dei loro fortunati titolari? …”.
        Sicuro che sia così?
        A me invece deriva che i titolari sostengano con lo 0,90% del loro fatturato lordo SSN
        il fondo pensioni ENPAF come tributo di solidarietà, senza percepirne alcun vantaggio ai fini pensionistici e senza possibilità alcuna di poter ridurre la quota fissa contributiva dell’85% al pari dei collaboratori che fruiscono della pensione INPS.

        Se ci fosse la proposta di staccare i titolari dall’ENPAF, creando due casse, ove in una essi intervengono con lo 0,90% o più, su base volontaria, alla loro pensione in aggiunta alla quota fissa attuale e nell’altra lasciando ai collaboratori se partecipare o meno al fondo pensione su base contributiva sempre volontaria, visto che già versano i contributi INPS, sarei il primo firmatario.

        Comprensibilmente, nella disgiunzione ipotetica in due casse pensionistiche, a ognuna delle due andranno corrisposte le quote versate in maniera disgiunta, verificando caso per caso l’inizio della collaborazione.

        Spero di essere stato sintetico ma esaustivo, e non me ne voglia il collega se l’albero della macedonia non esiste!

        • Peccato, per l’albero della macedonia.
          Avevo sempre pensato che esistesse, ma poco male, ma vuol dire che continuerò a farmela in casa.
          Per tutte le altre argomentazioni, guardi, mi ha talmente convinto, che pigolerò a tutti(come PulcinoPio) quando e dove possibile, raccomandazioni a non intraprendere la “disgraziata” Facoltà di Farmacia, perchè in ogni caso, titolare o non, non verrà ripagato degli sforzi e delle spese sostenute.
          E pigolerò anche, come da Lei segnalato, di servirsi esclusivamente da Farmacie Comunali, visto che sono quelle più in crisi, e che dovrebbero rimpinguare le casse vuote di quasi tutti i Comuni Italiani.
          Grazie dell’aiuto.

      • Solo per dire che stavo parlando delle regole: Europa, Corte Costituzionale, Lorenzin e tanti altri dicono che le regole italiane attuali vanno bene e allora sono dei venduti. Ci vogliono tutti così bene che non riusciamo né a rinnovare la convenzione né la remunerazione.

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