A poco meno di un mese dall’approvazione del DDL concorrenza, che sancirà sicuramente numerosi cambiamenti all’interno della galassia farmaceutica, abbiamo intervistato in esclusiva il professore Ettore Novellino presidente della Conferenza nazionale dei direttori di dipartimento di farmacia e dell’Ordine dei farmacisti di Avellino, per fare il punto della situazione.
Professore cosa pensa dell’imminente ingresso dei capitali nelle acquisizioni delle farmacie?
«L’ingresso del capitale è spinto dai grossisti che hanno a che fare con delle farmacie fortemente in rosso con i conti. Così si esproprieranno farmacie e farmacisti. Inoltre se il capitale che dovesse entrare non sarà solo quello farmaceutico, assisteremo al decadimento completo della figura del farmacista e della sua professionalità. Qui si sta giocando con i principi fondamentali della deontologia della nostra professione».
E la mancata liberalizzazione dei farmaci di fascia “C” crede sancirà la fine delle parafarmacie?
«Con tutta l’onestà intellettuale che mi distingue le posso dire che il discorso delle parafarmacie mi sembra più una lamentela strumentale che una cosa sensata. Le indicazioni rispetto alla vendita dei farmaci di fascia C sono stati decisi dall’Unione Europea. Tra l’altro, se proprio la vogliamo dire tutta, rispetto alla movimentazione economica delle farmacie, i farmaci di fascia C influiscono del 25 per cento. Per questo ritengo che le parafarmacie, e i titolari di queste, debbano fare mente locale e riorganizzarsi in modo diverso».
Facendo cosa?
«Immettendosi in fasce di mercato nuove. Che ancora non sono state sperimentate e che avrebbero bisogno di essere portate allo scoperto. Mi riferisco al benessere, alla cura delle persone sane, alle patologie che derivano da cattiva alimentazioni o da cattive abitudini. Insomma, c’è tutto un mondo anche inesplorato. La fascia C è superata abbondantemente».
Professore come giudica il decreto del ministero della salute che ha vietato sette componenti per la fabbricazione di composti dimagranti?
«Lo giudico in modo positivo. Anzi le dirò di più: era ora. Finora c’è stata troppa tolleranza che ha favorito la spregiudicatezza di medici e farmacisti senza scrupoli che hanno immesso sul mercato preparati anoressizzanti al solo ed esclusivo scopo di guadagnarci dei soldi».
In ultimo, professore ringraziandola di aver risposto presente al nostro colloquio nonostante siamo a Ferragosto, pensa che dovrebbe cambiare il modo di vedere il sovrappeso? E cioè entrare nell’ottica di idee che può essere una patologia e non solo una stortura estetica?
«Bisognerebbe educare le persone ad un corretto stile di vita. Il peso corporeo è un parametro identico a quello delle analisi del sangue. Certo quando si è in sovrappeso, di parecchi chili, c’è anche un lato estetico da tenere in considerazione. Ma il termometro non può essere solo quello. Le persone devono capire che per stare bene bisognare soprattutto mangiare bene».