La riforma che più serve al Paese è quella del Titolo V della Costituzione, che nella sua attuale formulazione è causa di problemi non solo per le Regioni, ma anche per la Sanità, il turismo e la formazione professionale. Questo il pensiero del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, nel suo intervento al primo Forum sulla Sanità Digitale, ospitato da giovedì a sabato scorso alla Luiss di Roma: il Titolo V, ha detto, non va smontato ma piuttosto «rimesso a posto, rivisto dove non ha funzionato». Come nel caso, appunto, della digitalizzazione della Sanità: «Le resistenze» ha detto Lorenzin «sono spesso di tipo burocratico, in un Paese dove ogni amministratore di Regione è padrone a casa propria».
Così però segnano il passo innovazioni che sarebbero di grande sollievo per il Ssn. Come dimostra il paper realizzato dall’Osservatorio Netics (un’anticipazione del ben più corposo studio che sarà presentato a novembre), ammonterebbero a poco meno di 7 miliardi di euro all’anno i risparmi conseguibili dalla digitalizzazione della Sanità. Che, ha ricordato nel suo intervento la presidente di Federfarma, Annarosa Racca, vede nelle farmacie del territorio uno dei comparti dove l’innovazione è più avanzata e dà frutti già misurabili in termini di risparmi e snellimento dei processi. «A luglio» ha ricordato «siamo ormai arrivati al 48% di ricette dematerializzate, che significano meno carta e soprattutto meno errori nella prescrizione e nella dispensazione. Ma un contributo importante all’appropriatezza e alla razionalizzazione della spesa arriva anche da servizi come il Cup e il webcare, la piattaforma che consente alle farmacie del territorio di gestire la distribuzione dell’integrativa ed evitare sprechi nelle forniture».
Nella digitalizzazione della Sanità, in altri termini, le farmacie si propongono come un modello dal quale trarre esperienze e soluzioni. E’ una considerazione emersa con evidenza dalla tavola rotonda che il Forum ha dedicato al tema dell’interoperabilità dei sistemi: il Ssn nel suo complesso produce una gigantesca quantità di dati, che rimane molto spesso inutilizzata per colpa della frammentazione. In tale contesto, le farmacie diventano un esempio di “rete” sanitaria ben oliata: «Il nostro» ha detto Gianni Petrosillo, amministratore delegato di Promofarma, «è un bell’esempio di sinergia, efficienza e coordinamento. Lo dimostra la raccolta dei dati sulla spesa farmaceutica, ma anche i risultati della ricetta digitale: nel 2014 sono state gestite più di 609 milioni di ricette, pari a circa 1,12 miliardi di farmaci».
Il successo del format deriva dal coinvolgimento delle organizzazioni territoriali di Federfarma: l’invio dei dati di spesa al Mef avviene tramite le associazioni, che a loro volta sono coordinate dal sindacato nazionale in modo da assicurare uniformità degli standard tecnici, protocolli comuni e piattaforma unica. Lo stesso approccio dovrebbe contraddistinguere progetti strategici come il Fascicolo sanitario elettronico: «Uno strumento come questo» ha ricordato Petrosillo «offre grandi potenzialità in termini di clinical governance: monitoraggio dell’aderenza, valutazione delle terapie, verifica degli outcome. Però, soltanto a patto che tutti gli operatori possano inserire e accedere ai dati». Al momento, invece, non è così: la parte di Fascicolo dove sono caricate le informazioni cliniche, infatti, è inaccessibile alle farmacie, che possono gestire soltanto il dossier farmaceutico. Risultato, gli operatori lavorano per compartimenti stagni e la continuità ospedale-territorio rimane sulla carta. Dematerializzata o meno.
fonte: FEDERFARMA