Di Iorio e i primi cento giorni da presidente di Credifarma: «Iniezione di fiducia nel comparto creditizio»

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20140107_di-iorioOggi sono cento giorni che Credifarma ha un nuovo presidente. Ne abbiamo parlato direttamente con Michele di Iorio che lo scorso 24 giugno (dopo la ratifica fattagli il nove, ndr) ha accettato la sfida.

Dottor Di Iorio, il politically correct ha istituito che nei primi cento giorni di una nuova avventura si faccia un bilancio.

«E io sono qui pronto a risponderle».

Perfetto la ringrazio. Allora partiamo. Cosa è cambiato ad oggi in Credifarma?

«Di sicuro abbiamo apportato un’iniezione di fiducia che prima non c’era. Mi riferisco agli investitori ma anche a chi in Credifarma ci lavora».

Si spieghi.

«Per quanto attiene alla fiducia degli enti creditizi abbiamo raggiunto già risultati importanti con una ricapitalizzazione di 174 milioni di euro invertendo un fenomeno che sembrava destinato ad essere inesorabile».

E per i dipendenti?

«Beh, loro erano i più sfiduciati. Perché in situazioni difficili le voci si rincorrono e diventano sempre più grandi e pretestuose. Ci siamo resi conto, invece, che sono sempre stati disponibili ai cambiamenti. D’altronde se riusciamo a raggiungere obiettivi il merito è soprattutto loro».

Ma ci sono stati cambiamenti nella pianta organica?

«Sì e ci sono stati anche contenimento di costi e oculatezza».

In che modo dottore?

«Abbiamo chiuso la sede di Milano e abbassato i costi di gestione ridisegnando le posizioni all’interno dell’istituto. Credifarma rappresenta il 25% dei farmacisti italiani. Noi siamo qui non solo per salvaguardare la farmacia, a noi interessa prima di tutto la sua titolarità. In sostanza, noi abbiamo a cuore il farmacista. E i farmacisti questo lo sanno benissimo».

I progetti per il futuro di Credifarma?

«Come ho già avuto modo di dire all’atto del mio insediamento non sono il salvatore né il liquidatore. Sono qui per lavorare e portare avanti un progetto che dura da ventotto anni. L’interesse maggiore è ricevere, ancora di più se sarà necessario, la fiducia dei creditori. E dell’ente di vigilanza, la Banca d’Italia».

Dottore, cambiamo argomento. Avrà sicuramente letto e sentito le dichiarazioni di Roberto Tobia, presidente Utifar Palermo, secondo il quale l’ingresso dei capitali consegna di fatto le farmacie alle mafie. Cosa ne pensa?

«Penso che quando piove l’acqua entra dappertutto. E non c’è bisogno di favorirne l’ingresso».

In che senso?

«I capitali sporchi, quando esistono, non hanno bisogno di una legge che permetta loro un ingresso in un dato settore. Entrano e basta. Senza chiedere certo il permesso».

Dunque non è d’accordo con Tobia?

«Rispetto il pensiero di tutti. Però constato la massima attenzione della Banca d’Italia non appena si paventa la possibilità di scongiurare operazioni di riciclaggio. Inoltre aspettiamo prima il testo di legge, poi ne riparliamo. Al momento potremmo fare solo ipotesi».

In ultimo dottore, pensa che per la filiera del farmaco ci sia, o ci sia stata una vacatio legis che ha portato ad aggiustare il tiro con il DDL Concorrenza?

«Al contrario. Credo che verso la filiera ci sia stato, finora, un accanimento legislativo. Di legge ce ne vuole una. Che sia chiara e che sia esaustiva. Altrimenti rischiamo di fare solo un grande trambusto».

Grazie dottore

«Si figuri, grazie a lei».

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