Paola Romano Di Peppe: quando essere farmacisti prescinde dal luogo in cui si esercita la professione

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Intervista alla dottoressa Paola Romano Di Peppe

Dottoressa da quale regione d’Italia viene?

«Sono di Pescara, ma vivo in Toscana da vent’anni»

E’ titolare di parafarmacia?

«Sì dal maggio 2007».

Quanti anni ha?

«54».

Perché una laureata in farmacia decide, in Italia, di aprire una parafarmacia?

«I motivi possono essere tanti. Diciamo che in quel momento l’evento parafarmacia, da poco introdotto, si è incastrato bene con la mia situazione personale»

Per quale motivo dall’Abbruzzo si è dovuta trasferire in Toscana?

«Non sono venuta in Toscana per motivi professionali, sono nata e cresciuta a Pescara e la mia esperienza professionale è iniziata proprio lì dove ho lavorato per nove anni come collaboratrice in una farmacia. Poi ho deciso di aprire una parafarmacia, una sfida? Il senso di libertà? Forse entrambi, sta di fatto che anche forte della mia esperienza ho deciso che potevo fare questo passo»

Quali sono le difficoltà che si incontrano, oggi, a gestire una parfarmacia?

«Sapesse quante ne abbiamo incontrato agli inizi. Magazzini che non volevano fornirti, o con doppi listini, uno per le farmacie, l’altro per noi, o che chiedevano ordine a partire dai duemila euro. E’ un problema che si ripresenta anche oggi a cui si aggiungono quelli recenti. Come la concorrenza dei colleghi titolari di farmacia che, pur avendo possibilità superiori, dispensazione di farmaci etici, fascia C e A, a totale carico del cittadino ma con obbligo di ricetta medica (che puntualmente non chiedono), fanno la guerra con tutto ciò che non è farmaco».

Pensa che le associazioni di categoria tentino di screditare la sua professionalità quando si fanno distinzioni tra farmacia e parafarmacia

«Ci hanno screditato e continuano a farlo in ogni modo. Federfarma senza pudore, basta vedere le ultime dichiarazioni, coinvolgimenti di varie associazioni come Federanziani, per far capire al mondo quanto possano essere attendibili. Loro curano l’attenzione al cliente-paziente e noi siamo gli accattoni che attentano alla salute pubblica. La Fofi, un organo che dovrebbe rappresentare tutti i 90mila farmacisti italiani, non ha mai dato segnali di imparzialità. Le conclusioni che i traggono sono che i “papaveri” della categoria ci hanno sempre visto come il fumo negli occhi. Chi ci ha screditato e continua a farlo sono le associazioni della nostra categoria. Naturalmente all’esterno hanno sempre bevuto le parole dei più forti. Agli inizi e fino a poco tempo fa ci sono quasi riusciti. Oggi è un po’ diverso. La nostra tenacia si sente.

Crede che la liberalizzazione della fascia c sia fondamentale per mantenere vivo il settore delle parafarmacie?

«E’ fondamentale per due motivi. Il primo far capire a tutti che il camice e il distintivo che indossiamo non è uno scherzo; siamo farmacisti a tutti gli effetti. In secondo luogo la liberalizzazione ci permetterebbe di “combattere alla pari” con i colleghi che operano in farmacia. Il mio auspicio è la possibilità di dispensare tutti i farmacia. In modo da portare una libertà professionale sul modello tedesco, quindi ad una Farmacia non convenzionata

E’ d’accordo con la petizione della Conad #liberalizziamoci?

«Condivisibilissima. Per loro siamo farmacisti».

Crede che riuscirà nell’intento di far fare dietrofront al governo?

«Mi auguro che al Governo ci sia gente che inizi a ripensare alla scelta poco avveduta del ddl concorrenza così com’è stato presentato. Posso solo augurarmi che la petizione e il nostro impegno riescano ad instillare il dubbio in coloro che sono preposti. Così com’è non giova a tutti, ma solo a pochi».

Se dovesse concretizzarsi così com’è il ddl concorrenza, cosa cambierà per le parafarmacie?

«Se tutto ciò dovesse portare ad un ripensamento utile alla causa che portiamo avanti, la parafarmacia potrà diventare un presidio della salute. Soprattutto nei luoghi in cui non c’è nulla o c’è molto poco. Tanti piccoli posti non hanno nemmeno un farmacia. Proprio lì in tanti di noi hanno aperto una parafarmacia: per offrire un servizio che prima non c’era».

Grazie mille dottoressa

«Grazie a voi»

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