Da #liberalizziamoci al Banco farmaceutico passando per il DDL Concorrenza. Intervista al dottor Pasquale Sechi

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Al giro di boa dell’approvazione del testo del disegno legge per la concorrenza; a poco dunque da cambiamenti epocali nella filiera del farmaco, ne abbiamo parlato con il presidente di Federfarma Oristano, il dottor Pasquale Sechi. E non abbiamo parlato solo del DDL Concorrenza.

Dottore vorrei partire da un fatto, l’ultimo in ordine temporale. Il video del banco farmaceutico. E’ d’accordo con la visione del presidente di Federfarma Servizi, Antonello Mirone, secondo il quale a rimetterci è stata solo la figura professionale del farmacista?

Il video, a mio avviso ha due facce ben distinte.

Fatta salva la buona fede di coloro i quali lo hanno concepito, il farmacista lo legge come l’ennesimo attacco alla sua immagine. La campagna pubblicitaria parallela portata avanti dalla Conad, pone se stessa come unica possibilità per il cittadino di ottenere quei benefici di risparmio che, a loro dire, i farmacisti non accordano. Basta girare per l’Italia per accertarsi che ciò non corrisponde alla realtà. L’intento del video era d’informazione ma il loro esempio, seppur affidato ad un bravo attore nelle vesti del farmacista, era troppo raffinato per essere ben compreso da chi abitualmente è bersagliato da messaggi pubblicitari: si voleva evidenziare il concetto relativistico del costo del farmaco rispetto alla propria disponibilità economica per cui i 50 euro di chi percepisce l’assegno sociale, non hanno la stessa valenza dei mille euro di chi ha una pensione di 10 mila euro. Purtroppo il distratto percepisce solo un messaggio, evidenziato anche dalla reazione scomposta dei diversi clienti del video: per loro è il farmacista che impone i prezzi e lo fa in modo esagerato. Nessuno dice, mi pare, “scherza dottò?” ma perdono, invece, la pazienza.

Da qui le mie perplessità sull’opportunità di produrre e propagandare un siffatto video in questo momento storico di forte tensione professionale.

E della speculazione, fatta ad arte da alcuni rappresentanti della Gdo, sempre rispetto a questo video che idea si è fatto?

Niente di nuovo: ogni ruscello che possa portare acqua al loro mulino è ben accetto. Non importa di che acqua si tratti.

La discussione sulla liberalizzazione dei medicinali di fascia C, nell’ultimo periodo, ha inasprito i toni. Tra petizioni e sciorinamenti sembra quasi essere diventato un affare di stato. Chi ci perde e soprattutto, chi vince in questa battaglia?

Ciò che non si vuole comprendere è il concetto di “ruolo”: chi ha accettato le regole del percorso per l’acquisizione della farmacia, ha contemporaneamente sottoscritto per delega una convenzione tramite la quale si impegna a fornire i farmaci inseriti nella lista dei farmaci concedibili, senza oneri per il cittadino, fatto salvo il ticket.

Il farmacista anticipa ingenti somme per tali forniture, ricorrendo al prestito in banca la quale fornisce il denaro ben sapendo che lo Stato paga, a volte con notevole ritardo, ma paga. Orbene, considerando che lo Stato è il primo cliente e che raggiunge volumi che spesso superano il 70/80 % del fatturato delle farmacie, è assolutamente necessario per la farmacia, di conseguenza, poter contare sulla liquidità necessaria per pagare stipendi al personale, il telefono, la luce e le mille altre incombenze addirittura quotidiane. Chi ha scelto il percorso di aprire una parafarmacia nel luogo, attenzione, da lui scelto, sapeva benissimo di aprire un “negozio di vicinato”, come lo sono le sanitarie o le erboristerie. A queste è stato concesso di vendere alcuni farmaci di comprovata sicurezza per il cittadino con la presenza del farmacista. Tutto qui.

Continuo peraltro a domandarmi perché la GDO, anziché la fascia C, che in pratica è una chimera fluttuante, non chiede direttamente la farmacia? La mia risposta? Non si vuole anticipare capitali infruttiferi allo Stato e perciò si chiede soltanto di portarsi via la parte sana della farmacia.  Il rischio alquanto reale, sarebbe che le piccole farmacie rurali scomparirebbero e pertanto tutti i piccoli comuni d’Italia perderebbero anche la loro farmacia. Mi domando se ne valga la pena.

 Sulla fascia C, la posizione di Federfarma è sempre stata precisa: sono farmaci che devono rimanere in farmacia. E per l’ingresso dei capitali?

E’ stato chiesto un rinvio in merito a questa vicenda anche perché non molti hanno le idee chiare.  Vedo soltanto un mondo di contraddizioni per cui da una parte c’è una schiera che vuole demolire il sistema di farmacia territoriale, capillare e alla portata di tutti i cittadini, e d’altra parte ci sono i magnati   del capitalismo che sarebbero pronti ad investire su un cavallo morto. Non mi tornano i conti. Siamo poi circondati da una miriade di Soloni, tutti con l’idea giusta per il miglior offerente: In una cosa sono quasi tutti d’accordo: parlar male della Federfarma e della Fofi: sarà un vezzo modaiolo?

Come cambierà il peso specifico del sindacato qualora entreranno i capitali nella gestione delle farmacie?

Se questo dovesse accadere, probabilmente il primo a dolersene sarebbe proprio lo Stato che non potrebbe più imporre sconti o distribuzioni anomale, tipo la distribuzione per conto che toglie linfa vitale soprattutto alla piccola farmacia, come si fa ora.  Ora, infatti, si contando troppo sulla disponibilità dei titolari di farmacia anche per dare servizi a costo zero. Col capitale, si ragionerebbe di capitali e ciò che non conviene non si fa. Il mercato produce questi effetti e a dolersene potrebbe essere la “Persona” che, a mio avviso, ha una valenza anche superiore rispetto al “Cittadino”. Il mercato non ha anima, ma solo portafoglio.

In ultimo, secondo lei, cambierà anche la figura professionale del farmacista?

La Farmacia, nei secoli, ha subito o attuato molti cambiamenti ma la figura del farmacista non credo che ne abbia risentito grazie alla capacità e allo spirito di adattamento del farmacista. Certo è che la professione è cambiata: dal farmacista preparatore al farmacista di comunità il passo non è breve.  Ritengo, però, anche annusando il vento che tira, che la professionalità avrà la possibilità di arricchirsi investendo sugli aspetti non solo di mercato ma di grande umanità, ciò che ha sempre e da sempre contraddistinto la nostra professione.

Grazie mille e buon lavoro

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