La liberalizzazione degli orari sancita dal decreto “Cresci-Italia” del Governo Monti (poi convertito nella legge 27/2012) non esenta i comuni dal normare turni e aperture delle farmacie, che rappresentano quel «servizio minimo garantito» che ogni titolare poi può prolungare a proprio piacimento. E’ quanto sancisce la sentenza con cui il Tar Toscana ha bocciato l’ordinanza del comune di Grosseto che nel gennaio scorso aveva riorganizzato orari e turni delle farmacie cittadine. Il provvedimento, poi impugnato da Federfarma provinciale e da alcuni titolari, si limitava a prescrivere alle farmacie un’apertura minima di 40 ore settimanali (36 per le rurali), senza però fornire alcuna indicazione su notturni e festivi.
Nella sentenza i giudici amministrativi hanno accolto il ricorso del sindacato: la legge 27/2012, scrive il Tribunale, «da un lato richiama e fa salve nel loro complesso tutte le disposizioni vigenti in materia di turni e di orari delle farmacie, dall’altro innova il sistema precisando che detti provvedimenti sono vincolanti solo nella parte in cui obbligano a rimanere aperti in un determinato orario e in un determinato turno». In altri termini, le farmacie non sono più tenute a restare chiuse «in orari e turni diversi» da quelli di legge.
Resta dunque valida, proseguono i giudici, la legge regionale 16/2000, che obbliga l’autorità comunale a «fissare la disciplina degli orari, dei turni e delle ferie delle farmacie a garanzia di quel “minimo” di apertura del servizio che oggi può essere derogato dal singolo farmacista, ma solo in aumento». Il comune di Grosseto, dunque, non ha applicato una norma «finalizzata a garantire corretti standard minimi di erogazione del servizio farmaceutico», standard che non possono essere certo tutelati dal fatto che alcune farmacie rimangano aperte h24 o per un numero di ore comunque maggiore delle 40 settimanali.
fonte: federfarma