Un successo il forum di Arezzo Roboti-cARe, il primo congresso italiano sulla chirurgia robotica in chiave multidisciplinare

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best practices sviluppate attorno ai robot chirurgici, come l’ultratecnologico Da Vinci. «È importante confrontarsi tra le varie specializzazioni», spiega Michele De Angelis, primario di Urologia del San Donato.  «Così com’è fondamentale essere aggiornati sui progressi della tecnologia: ogni giorno esce un software nuovo che consente di eseguire interventi complessi con più facilità. Per esempio, grazie alla precisione robotica si possono eliminare i tessuti cancerosi senza compromettere la funzionalità dell’organo in cui si  è sviluppato un tumore. Oggi siamo agli albori, ma è una rivoluzione che cambierà sempre di più il modo di condurre gli interventi». Roboti-cARe è stata l’occasione per fare il punto su tutte le più avanzate tecnologie, dagli strumenti a fibre ottiche ai chip video, in grado di rendere oggi gli interventi via via più precisi, riducendo al minimo il rischio di complicazioni per i pazienti. «Non solo», continua Caldora. «Il congresso ha segnato il debutto di un format innovativo, basato su relazioni degli esperti ma anche su live surgery, ossia sugli interventi in sala operatoria dal vivo, e sulla costante interazione fra i protagonisti e i partecipanti». Quattordici sono stati gli interventi eseguiti in diretta da équipe multiple. Un impegno notevole, che ha visto in prima linea  i medici del San Donato di Arezzo. A cominciare, nell’organizzazione, dall’urologo Filippo Annino, coordinatore della segreteria scientifica, e dai chairmen per le rispettive discipline: Patrizio Caldora (ortopedia), Graziano Ceccarelli (chirurgia generale), Pier Guido Ciabatti (otorinolaringoiatria), Michele De Angelis (urologia), Franco Lelli (ginecologia). Così gli operatori del settore hanno potuto conoscere da vicino la chirurgia robotica attraverso l’esperienza di Arezzo, unica in Italia e tra le eccellenze europee. «Dal 2011 a oggi il nostro ospedale ha effettuato oltre duemila interventi di chirurgia robotica», racconta De Angelis.  «Parliamo di circa 400-420 operazioni l’anno in urologia, ginecologia, otorinolaringoiatria e chirurgia generale, una media importante che ci ha permesso fin da subito di abbattere i costi del singolo intervento. I macchinari sono costosi, certo, ma dobbiamo calcolare i benefici: l’Asl risparmia grazie a una degenza più breve e a una ripresa lavorativa del paziente più veloce. A fare la parte del leone è l’urologia, per la quale si eseguono ad Arezzo circa 200 interventi l’anno. Il team è composto da quattro giovani chirurghi under 35, ma già con molta esperienza alle spalle, in Italia e all’estero». A tratteggiare una mappa internazionale di un settore in continua espansione hanno pensato i luminari stranieri, come Richard Gaston, pioniere nell’intervento laparoscopico della prostata (nel 1997, a Bordeaux), e Seth A. Jerabeck dell’Hospital for Special Surgery di New York,  tra i primi centri nel mondo per numero di interventi di chirurgia protesica. E proprio a proposito dell’ortopedia si è fatto il punto sulla chirurgia robotica all’anca (protesi totale) e sulla ricostruzione parziale del ginocchio (protesi monocompartimentale), cercando di valutare i pro e i contro di tipo clinico ed economico. «Non vi è dubbio che il futuro della chirurgia ortopedica passi dalla robotica, in quanto consente di aumentare precisione, sicurezza e riproducibilità», puntualizza Caldora. «Per questo c’è bisogno di sensibilizzare il ministero della Salute e gli assessorati regionali, al fine di istituire progetti condivisi da società scientifiche e Università». De Angelis aggiunge: «Lo stesso può dirsi per molti ambiti delle altre discipline. Per la medicina generale, la ginecologia e l’urologia, la maggiore accuratezza si sposa con la scarsa invasività della metodica, il che comporta una degenza e una riabilitazione ridotte». Il tema economico è di particolare interesse per la pubblica amministrazione. «Durante il forum si è tenuta una tavola rotonda sulla sostenibilità e sull’efficacia della chirurgia robotica, coinvolgendo i manager della sanità e i direttori della programmazione, oltre che gli esperti della Regione Toscana», dice Enrico Desideri, direttore aziendale dell’Area Vasta Sud-est (Asl di Siena, Arezzo e Grosseto. «È emerso, in particolare dalla presentazione dei dati elaborati negli ultimi 5 anni dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa, come il rapporto costo-beneficio operativo sia fortemente condizionato dai volumi dell’attività e dall’appropriata applicazione delle tecniche a maggiore margine operativo. Nei centri sottoposti allo studio, infatti, utilizzando una puntualissima metodica di rilevazione, è emerso come il costo, seppur maggiore della chirurgia robotica, si stia avvicinando moltissimo a quello della chirurgia laparoscopica ma soprattutto devono essere tenuti in considerazione nel bilanciamento, i minori costi legati a una più rapida ripresa della vita sociale e del lavoro». Proprio al San Donato di Arezzo è stata intrapresa da subito la via della multidisciplinarietà a tempo pieno, impiegando tutti i giorni il Da Vinci e ammortizzandone così i costi per singolo intervento. Ma si può dire che l’eccellenza in chirurgia robotica sia di casa in tutta la Toscana: Pisa, Careggi e Grosseto sono, insieme con Arezzo, tra i maggiori centri d’Europa. E la chirurgia robotica si sta rapidamente sviluppando in altri ospedali della regione, come quello di Siena.]]>

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